Solcometro    SAL JUNGNER
- a cura di Paolo SERRAVALLE -

Oggi   si da  per  scontato  che  la  velocità di una nave  sia un  dato facile  da ottenere. Un  occhiata  al  solcometro elettronico o al GPS  e il gioco è fatto. Ma  chi ha qualche capello bianco sul capo sa che fino a pochi anni addietro le cose erano ben più complesse.
Misurare la velocità e la distanza percorsa da un mezzo terrestre munito di ruote è relativamente semplice: conosciuto il  diametro  e  quindi la circonferenza della  ruota  è  sufficiente  contare  il  numero  dei suoi  giri nell'unità di tempo desiderata per sapere la velocità in kmh e quindi i kilometri percorsi. Per un mezzo che si muova immerso in un fluido le cose  purtroppo  sono  assai  più  complesse. Una nave  o  un aereo  si muovono  per  l'appunto  in acqua o in aria, ambedue  mai   in  condizione  di  calma. Perciò oltre alla velocità intrinseca della nave o dell'aereo si dovranno anche considerare le  correnti che  possono provenire  da ogni direzione, la temperatura del fluido, la pressione, la densità e tutta  una serie di diavolerie che  complicano notevolmente  l'esistenza di  chi vuole  sapere  a quale  velocità  si  stia muovendo.
Abbandonando il calcolo della velocità  degli aerei, se possibile anche più complesso di quello delle navi, dedichiamoci a queste ultime, croce e delizia di questo sito.
Agli  albori  della   navigazione  di  misurare  la  velocità  di  una  nave  non  se  ne  parlava  nemmeno, poi qualcuno, spremendosi le meningi, comprese che per tentare la misura della velocità relativa tra la nave e l'acqua era necessario cercare di avere  una specie  di punto fermo. Allora, dopo mille  prove  empiriche  si passò a filare a poppavia  un cavo portante all'estremo  una specie di ancorotto  di varie forme  così  da tenerlo  semisommerso. La sagola era munita di nodi posti a distanza regolare e misurata  e, in buona sostanza, era  sufficiente  contare i nodi  che  passavano  tra le mani guardando una clessidra e poi un orologio per poter affermare che la nave stava correndo a x nodi all'ora.

                                
                                                                                                                              S
olcometro a barchetta

Va da sé che maggiore era la velocità della nave e maggiore era la velocità di scorrimento dei nodi tra le dita. Questo fu  il primo solcometro degno di tale nome e  fu anche il padre  dell'unità di  misura detta appunto "nodo"  (knot). Fu anche parecchio longevo perché, sia pure con migliorie, modifiche, aggiunte, contanodi meccanici e altri simili ordigni spadroneggiò nel suo settore veramente a lungo. Altre migliorie  consistettero nel filare a poppa una sagola portante un'elica  connessa  in  vari  modi  ad un contagiri la cui lettura  indicava ovviamente la velocità. E con questi diabolici ordigni si arrivò fino agli albori del novecento.


             Solcometro a elica


Poi, qualcuno  dotato di una certa preparazione in fisica  e fluidodinamica cominciò  a pensare  che  un buon  sistema sarebbe stato quello di misurare la pressione di risalita in un  tubo graduato dell'acqua per così dire  compressa dalla velocità. Ovviamente tanto più la velocità sale e tanto più salirà la pressione e quindi il livello dell'acqua che risale il tubo. Bene, però ciò non teneva conto di una serie di "disturbi". Per esempio le correnti marine oppure le variazioni di pressione generate dallo scivolamento dello scafo nell'acqua. Insomma, l'idea era buona ma andava perfezionata.
Nel  1910  due  ingegneri  svedesi  Torsten Jung  e  Gustaf Petersson  depositarono il loro progetto per un solcometro idrodinamico.  Nel 1914, allo scopo di produrre  industrialmente  il loro strumento,  fondarono la Svenska AktieBolaget (=S.p.A.- n.d.r.) Logg con l'acronimo  SAL. Nel 1914, visto  che il progetto e  lo strumento  erano affidabili, SAL venne rilevata da Svenska Ackumulator AB Jungner.


Solcometro SAL( prima serie )

A proposito di  quest'ultima  vale la pena di  spendere qualche  parola. Sotto il nome di NIFE, marchio  derivante  dai simboli chimici Ni (nickel) e Fe (ferro), al tempo erano già ben noti gli accumulatori prodotti da Jungner per gli usi più svariati,  per  lo  più  ferroviari, ma  anche  navali, industriali  e  civili. Merita  anche  d'essere   ricordata  per la  sua costruzione  della  prima autovettura  a  propulsione  elettrica  della  storia.



La prima auto elettrica

In affiancamento alla produzione delle batterie di accumulatori Jungner produceva anche i dispositivi elettrici di ricarica e a ciò venne ad aggiungersi la produzione dei solcometri SAL.
Tornando  a  questi, senza  addentrarsi  troppo  nei dettagli tecnici, il principio  di funzionamento  era  tutto  sommato semplice:  in un punto intermedio dello scafo (né prora né poppa)  si sistemano  due prese a mare a breve distanza tra loro.



Schema SAL 24


Una a fil di fasciame detta "presa statica" che sostanzialmente rilevava la pressione determinata dall'immersione della nave in  ogni istante. L'altra  presa, più complessa, consisteva in un "tubo di Pitot",  ossia in un cucchiaio rivolto verso prora e pronto a raccogliere l'acqua in esso  sospinta dalla velocità. Questa era detta "presa dinamica". È ovvio  che  a nave ferma e in condizione di acqua calma le due pressioni erano identiche. Il tubo di Pitot avendo una certa lunghezza ed  essendo  sporgente dalla  chiglia  ovviamente  era  soggetto  ad esser  danneggiato  da  urti contro bassi fondali o, peggio,  in  bacino  di carenaggio. Perciò  fu  pensato dapprima  estraibile manualmente  e  quindi il  personale doveva ritirarlo prima d'entrare in porto o in bacino, poi fu perfezionato e comandato elettricamente (EPTM) o pneumaticamente (PPTM) mediante un contatto elettrico derivato dalla posizione "Finito" del telegrafo di macchina. Tuttavia le attenzioni erano  d'obbligo pena  la piegatura  e la distruzione del tubo di  Pitot (anche se era quasi  sempre  possibile  sostituirlo dall'interno della nave senza ricorrere al bacino).

Tubo di Pitot dell' Eugenio C.


Tornando  alle due prese, i due  tubetti ad  esse collegati portavano la pressione all'apparecchio  madre, in  questo era contenuto un polmone  (camera  di pressione) diviso da un diaframma. Una pressione agiva su un lato del diaframma e l'altra su quello opposto. È ovvio che con nave ferma  il diaframma era  piano mentre  al salire della  pressione causata dal moto della nave il diaframma si deformava di conseguenza, al suo centro era connessa un'asticella che trasmetteva lo spostamento all'interno dell'apparecchio. Qui, per  mezzo di  opportuni  leverismi e  di dispositivi elettromeccanici, lo spostamento proporzionale alla variazione di pressione veniva elaborato e integrato per mezzo di  uno scappamento ad orologeria convertendolo in velocità oraria e distanza percorsa dalla nave.

Scappamento orologeria

Se lo strumento era installato a dovere e il personale ben addestrato sia all'uso che al mantenimento la precisione era di  tutto rispetto. Il collaudo e la  taratura  avvenivano navigando  lungo costa (ma non troppo, cap. Schettino docet…) percorrendo "basi misurate" e cronometrando i passaggi al traverso di "punti cospicui". Questi potevano essere edifici o altri  riferimenti  ma  in  alcune  zone ne esistevano di appositamente creati per scopi militari. Le tarature erano abbastanza complesse ma se ben eseguite  erano  "una tantum" e  non  richiedevano  ulteriori ritocchi salvo periodiche verifiche.

       


Con il trascorrere degli anni molte furono le migliorie apportate di cui la più importante fu l'adozione dei motori elettrici "Synchro"  o "Selsyn"  secondo  la definizione Jungner. Questi particolari  motorini con statore trifase e rotore monofase non  erano  previsti  per  svolgere  lavoro  rotante  ma  per  trasmettere con precisione una posizione angolare come se fossero  un  asse  meccanico  a  distanza.  Questi permisero di trasmettere in altri locali la posizione del solcometro di macchina  indicando   in  plancia, in   SCP  o  in  qualunque  altro  posto  la   velocità  della  nave  così  come  indicata dall'apparecchio  madre.  Furono poi aggiunti altri accessori  come il contatto  in  uscita  per  l'asservimento al Radar di bordo  in  modo  che  questo  potesse  registrare  la  distanza  percorsa  e  lo  stesso  criterio  permise  di collegarsi al registratore  grafico  di  rotta  e  velocità  in modo da poterne conservare un tracciato.

                        

Contamiglia  (registratore delle miglia percorse )                                                                              Indicatore di velocita

Indicatore di velocità stagno


La  serie  dei  solcometri  SAL (24 con fondo scala 24 nodi, 32, 48 ecc.)  fu  anche  dotata  di  varianti  dedicate all'uso particolare  sui  sommergibili e ad altre richieste militari. In particolare il SAL24  divenne il  solcometro più  diffuso non solo sulle navi europee ma molto comune anche in tutto il mondo con centri di assistenza diffusi ovunque.
Nel 1973 Jungner confluì nel grande gruppo svedese ASEA (poi ABB) e negli anni '80 l'elettronica cominciò a farsi sentire anche  in  questo  settore.  Furono  studiati  e  sperimentati  nuovi  sistemi basati sull'effetto Doppler e la correlazione acustica  e  il glorioso  SAL24  cominciò a perdere campo via via sostituito dai nuovi sistemi privi di parti meccaniche in movimento e quindi meno  soggetti a manutenzione e  logorìo. Malgrado i solcometri esistano sempre, il loro utilizzo è stato decisamente  superato dall'impiego del GPS satellitare  che con precisione ormai sorprendente da la possibilità di conoscere i propri spostamenti in ogni istante.

Vorrei concludere  questo scritto ricordando il sig. Mario Testoni (1920-2002), uomo che malgrado la mancanza di studi specifici, passò dalla  qualifica di semplice operaio di fabbrica a  quella di  tecnico specializzato NIFE Jungner Italia.
Il SAL24 per lui  non aveva segreti e  per trent'anni  mise in servizio e manutenzionò un numero imprecisabile di questi strumenti. Chi lo vide all'opera di certo lo ricorderà con l'inseparabile sigaretta accesa.

Bibliografia:
Pubblicazioni Jungner di vari periodi.
Fotografie:
Pubblicaz. Jungner
Collezione Paolo Serravalle

 



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