| Storia 
                  della "Società Ricuperi Marittimi", dei suoi 
                  uomini e delle sue navi.                                                                     
                                 
                    a cura di PAOLO SERRAVALLE
 La storia della SoRiMa cominciò e si sviluppò, 
                  come ogni altra umana impresa, in un particolare periodo storico. 
                  Concluso questo finì anche  la  sua storia. 
                   Le circostanze  e i fatti che  ne determinarono 
                  fortune e sfortune appartennero ad un ben  determinato   
                  intervallo temporale.
 Se le stesse persone fossero nate vent'anni prima o dopo la 
                  loro storia sarebbe stata completamente diversa. Non è 
                  corretto né sensato considerare oggi fatti e comportamenti 
                  delle persone dell'epoca senza calarsi in quel particolare momento.
 Ai giorni nostri le persone e i contesti sarebbero completamente 
                  diversi ed è perciò perfettamente inutile giudicare 
                  uomini e fatti con le conoscenze e le regole di oggi sia in 
                  campo scientifico che tecnico, umano o sociale.
 Vediamo di tornare a quell'epoca per disporre di un corretto 
                  punto d'osservazione.
 I primi due decenni del secolo scorso  (senza scendere 
                  troppo nei particolari)  furono segnati da una disastrosa 
                  guerra   mondiale che cominciò ad impiegare 
                  i primi mezzi tecnologici (carri armati, dirigibili, aeroplani, 
                  sottomarini e siluri) e i primi mezzi di distruzione di massa 
                  (gas tossici, lanciafiamme e mitragliatrici). Nel contempo le 
                  strategìe belliche erano, in parte, ancora di stampo 
                  ottocentesco; schieramenti, avanzate collettive e guerra di 
                  trincea erano le più diffuse tecniche di scontro. Comportamenti 
                  cavallereschi e gas tossici, ideali patriottici e mitragliatrici, 
                  muli e cavalli contro mezzi meccanici cingolati e armati stentavano 
                  a raffrontarsi.
 L'Italia era un paese prevalentemente agricolo e l'analfabetismo 
                  era diffusissimo, il popolo credeva ciecamente nel Re e nella 
                  religione. La Patria era sacra ed intoccabile. E giovane. L'unità 
                  d'Italia nel 1915 compiva soli cinquantaquattro anni. La "politica" 
                  era mercanzia per pochissime persone istruite ed inserite, per 
                  lo più ereditariamente, negli ambienti governativi.
 Pur in questo contesto cominciarono tuttavia a farsi largo notevoli 
                  sviluppi tecnologici.
 La generazione e l'impiego dell'energia elettrica, l'uso delle 
                  caldaie a vapore per azionare turbine, la costruzione di nuove 
                  strade e ferrovie, la diffusione dei collegamenti telefonici 
                  e l'evoluzione dei collegamenti radio sia a scopo commerciale 
                  che come mezzo di comunicazione contraddistinsero il secondo 
                  decennio del novecento. Lo sviluppo industriale italiano, pur 
                  arrancando rispetto a quello di altri paesi (USA, Inghilterra 
                  e Germania), non restò fermo. Automobili, ferrovie, aeroplani 
                  e navi ebbero un notevolissimo incremento in quel periodo. Le 
                  fabbriche e i cantieri cominciarono a produrre a ritmi serrati 
                  e a far uso intensivo di mano d'opera che quasi sempre proveniva 
                  dal settore agricolo e che necessitava d'essere formata ed addestrata. 
                  Orari di lavoro e vita di fabbrica avevano veramente molto poco 
                  in comune con quelli d'oggi. Non esisteva nessuna organizzazione 
                  sindacale e "il padrone" aveva carta bianca. Il suo 
                  comportamento era dettato solo dalla sua etica personale.
 Il licenziamento d'un operaio non provocava praticamente alcuna 
                  reazione così come improbabili erano le conseguenze derivanti 
                  da incidenti sul lavoro, anche gravi. Il "padrone" 
                  più coscienzioso e umano si arricchiva di meno, quello 
                  più "schiavista" accumulava denaro alle spalle 
                  di maestranze bistrattate e sfruttate.
 É pur vero che avviare aziende ed imprese non era alla 
                  portata di tutti. I denari si dovevano avere o si potevano avere 
                  a prestito da banche o da ricchi investitori in cambio di solide 
                  garanzie ed è altrettanto vero che un lavoro in fabbrica, 
                  pur massacrante e mal remunerato, rendeva molto di più 
                  che faticare nel settore agricolo sotto altri padroni, giacchè 
                  il "povero" non possedeva per definizione terreni 
                  e fattorie. Quindi, tutto sommato, lavorare in una fabbrica 
                  o in un cantiere offriva maggiori possibilità di mantenimento 
                  d'una famiglia rispetto al lavoro stagionale nelle campagne.
 A questo panorama va anche aggiunto l'instaurarsi del regime 
                  Fascista (1922) sul quale sono stati versati mari d'inchiostro 
                  e del quale è inutile qui trattare ulteriormente. Si 
                  ricordi però che sotto la sua ègida notevoli furono 
                  gli impulsi nei settori industriali e tecnici pur spesso motivati 
                  da esecrabili successivi scopi bellici e che sotto tale regime 
                  nacque la prima forma di previdenza sociale. Il lavoratore che 
                  cessava la sua opera per raggiunti limiti d'età o per 
                  motivi di salute finiva per cadere in povertà o per gravare 
                  sulla già miseranda famiglia. Con la fondazione dell'I.N.P.S. 
                  si cominciò a pensare al futuro d'ogni lavoratore. Se 
                  sia stato un raro merito di quel regime dal fosco destino o 
                  un semplice caso non è qui il momento né il luogo 
                  per trattarne.
 
 Tutta questa premessa è necessaria a quanti coloro ignoravano 
                  tale scenario umano nel quale si andò ad innestare la 
                  storia che ci accingiamo a narrare.
  Come 
                  s'è detto, nei primi decenni del novecento si ebbe un 
                  notevolissimo sviluppo della cantieristica. Si ricordi che erano 
                  ancora in esercizio i velieri e che il piccolo cabotaggio, ossia 
                  il trasporto marittimo costiero era ancora effettuato con imbarcazioni 
                  a vela o con rari piccoli motori asfittici e poco affidabili. 
                  Le grandi navi d'acciaio cominciarono a diffondersi specialmente 
                  per il trasporto passeggeri; chi voleva cercare un'alternativa 
                  alla vita di cui abbiamo trattato partiva alla volta del nord 
                  o sud America portando una valigia legata con lo spago che conteneva 
                  pochi stracci e molte speranze. Così ci s'imbarcava sui 
                  piroscafi sperando d'arrivare sani e salvi. Purtroppo ciò 
                  non sempre accadeva. I disastri navali erano all'ordine del 
                  giorno e non risparmiavano nessun settore della marineria. Navi 
                  militari e mercantili, piccole o grandi, di legno o metalliche 
                  andavano a fondo senza distinzioni col loro prezioso carico 
                  di vite umane o di merci. Innumerevoli furono gli affondamenti 
                  celebri (Titanic, Lusitania ecc.) o quelli anonimi di unità 
                  senza storia o, ancora, altri tenuti sotto segreto per il loro 
                  carico di provenienza o destinazione poco virtuose o inconfessabili. 
                  Il loro recupero era pressochè impossibile. A meno che 
                  non affondassero sotto costa o si incagliassero a breve distanza 
                  da essa, la nave e il carico venivano considerati pressochè 
                  perduti per sempre. Tra i sopraddetti sviluppi tecnologici di 
                  quegli anni cominciò a farsi strada la possibilità 
                  di esplorare gli abissi e quella di poter compiere lavori a 
                  profondità superiori a quelle raggiungibili in apnea, 
                  ossia una ventina di metri e per alcuni minuti.Si cominciò quindi a perfezionare idee empiriche già 
                  studiate nei secoli scorsi ma sempre abbandonate per mancanza 
                  di materiali e di tecnologìe adatte. All'epoca non esistevano 
                  materiali flessibili ma resistenti alle grandi pressioni subacquee; 
                  a dieci metri di profondità l'acqua esercita una pressione 
                  di 1 kg. per ogni centimetro quadrato, a cinquanta metri la 
                  pressione sale a 5 kg/cmq. Su tutta la superficie corporea la 
                  pressione diventa veramente notevole. Si erano presi in considerazione 
                  cuoio e altri materiali ma nessuno risultò mai idoneo. 
                  L'uso della gomma cominciò a farsi strada ma le tecnologie 
                  di stampaggio e di iniezione erano ancora primitive, al contrario, 
                  le tecniche di fusione del bronzo e di altri metalli per la 
                  costruzione dei caschi e delle flangiature stagne erano già 
                  ad un ottimo livello. Un altro problema di grande importanza 
                  fu lo studio delle reazioni dell'organismo umano sottoposto 
                  a pressioni per cui non è predisposto.
 Di particolare importanza fu lo studio del comportamento dei 
                  gas disciolti nel sangue alle varie pressioni. L'embolìa 
                  gassosa ovvero la formazione di bolle di gas normalmente disciolto 
                  in circolazione alla pressione atmosferica fu causa di morti 
                  e lesioni permanenti allora poco comprese e difficilmente evitabili 
                  e curabili. I primi palombari furono veri pionieri la cui vita 
                  era costantemente in pericolo.
 In Italia come altrove si ebbero palombari più o meno 
                  organizzati e specializzati e, pur dopo altri paesi europei, 
                  si ebbe infine la nascita di una vera impresa dedicata ai lavori 
                  subacquei. Anche se non fu la prima in ordine cronologico lo 
                  fu certamente nella scala dei successi raggiunti e per il valore 
                  dei suoi uomini. Questa impresa fu la So.Ri.Ma, Società 
                  Ricuperi Marittimi con sede in Genova.
 So.Ri.Ma nacque il giorno 11 ottobre 1926, con un capitale sociale 
                  di Lit.1'309'500 e con sede nel Palazzo della Nuova Borsa in 
                  Piazza De Ferrari.
 Ne fu fondatore il comm. Giovanni Quaglia
 
  nato 
                  a Diano Castello (IM) nel 1881 e trapiantato a Genova, ne era 
                  l'amministratore delegato, gli altri soci erano minori azionisti. 
                  Il Quaglia si diede all'attività di armatore fin dall'epoca 
                  della prima guerra mondiale armando una piccola flotta di navi 
                  a vapore per il trasporto di materiale bellico. Alla fine del 
                  conflitto fu tra i primi armatori europei ad avviare una flotta 
                  di navi petroliere. Il settore dei recuperi marini dovette sembrare ai fondatori 
                  un vero Eldorado e in effetti aveva le prerogative per esserlo. 
                  Carichi più o meno preziosi, navi di possibile rimessa 
                  in galleggiamento e servizio, relitti in attesa di ispezioni 
                  e perizie erano là adagiati sui fondali in attesa di 
                  sfruttamento.
 Certamente le prospettive c'erano ma così come non erano 
                  a facile portata per altri non lo erano nemmeno per la giovane 
                  SoRiMa. Si trattava di poter disporre di alcune navi di sufficiente 
                  stazza e attrezzate per il sollevamento di ingenti carichi, 
                  di equipaggi addestrati, di attrezzature per immersione e, soprattutto 
                  di esperti palombari. In più serviva una sede amministrativa 
                  con un minimo d'impiegati per l'amministrazione, le necessità 
                  d'armamento, il contatto con le provveditorie marittime e, ovviamente, 
                  con la clientela. Insomma, una struttura dai costi notevoli.
 Per l'acquisto delle navi e delle attrezzature, per l'arruolamento 
                  degli equipaggi e degli stati maggiori 
                  in fondo bastava la necessaria disponibilità economica 
                  e qualche amministratore d'esperienza alla direzione, per il 
                  settore subacqueo però la faccenda era assai più 
                  complessa. Trovare palombari esperti e già operativi 
                  e disposti a rischiare ogni giorno la vita non era cosa semplice. 
                  Qui la fortuna, come da proverbio, venne in aiuto all'audace 
                  Quaglia. Un giorno del 1927 si presentò nel suo ufficio 
                  un massiccio giovane signore a nome Alberto Gianni da Viareggio, 
                  esperto palombaro dotato di una piccola nave, la Naiade, già 
                  attrezzata per le immersioni. Al momento, sia lui, che il suo 
                  equipaggio erano in attesa d'impiego. Vera musica per le orecchie 
                  del Quaglia al quale non interessava minimamente la piccola 
                  nave ma il gruppo di palombari che in seguito si rivelò 
                  essere il meglio del meglio.
 Giovanni Quaglia, persona oltremodo vigile e astuta, era ben 
                  inserito negli ambienti del potere dell'epoca, poteva contare 
                  su buoni appoggi nell'ancor giovane ma potente e totalitario 
                  regime fascista e aveva già preso contatti con la tedesca 
                  Neufeldt & Kuhnke nota produttrice di scafandri per palombari 
                  e relative attrezzature di cui aveva già ottenuto la 
                  rappresentanza esclusiva per l'Italia. Inoltre, per prepararsi 
                  il campo d'azione, aveva chiesto e ottenuto in forza di legge 
                  dal governo fascista l'esclusiva per il recupero di relitti 
                  bellici italiani giacenti ad oltre 45 metri di profondità. 
                  Tale proprietà era stata fino ad allora prerogativa dell'Istituto 
                  Nazionale delle Assicurazioni.
 Con l'arruolamento di Alberto Gianni e dei palombari viareggini 
                  la "nave" So.Ri.Ma vide spostare il suo telegrafo 
                  di macchina dal "pronti" all' "avanti tutta". 
                  Cominciava la navigazione.
 Le prime navi approntate per iniziare l'attività furono 
                  tutte battezzate con nomi che indicassero la loro propensione 
                  a ghermire oggetti dal fondo: Artiglio, 
                  Rostro e Raffio. In seguito, come si vedrà, furono seguite 
                  da Rampino, Rastrello e Arpione. Le navi non furono commissionate 
                  e costruite ex-novo ma acquistate usate e modificate alla bisogna. 
                  Potenti argani e verricelli, elettromagneti e attrezzature d'appoggio 
                  per i palombari furono le dotazioni di base.
 Sulle navi So.Ri.Ma furono anche installate stazioni radiotelegrafiche, 
                  allora non diffusissime su navi di quella stazza. L'Artiglio 
                  ebbe il nominativo internazionale IBRD, Rostro ICFI, Rampino 
                  ICEB, Raffio IKXM, Arpione IBDF, Rastrello (non noto).
 La dotazione di una stazione radiotelegrafica di bordo comportava 
                  la spesa iniziale dell'acquisto e dell'installazione nonché 
                  l'assunzione a ruolo dei "marconisti" (ossia i radio-operatori) 
                  e le spese "burocratiche", in compenso offriva la 
                  possibilità non trascurabile di tenersi in contatto con 
                  la terra ferma e, all'occorrenza, di chiedere aiuto in caso 
                  d'emergenza.
 Delle imprese dell'Artiglio I, finita tragicamente a fondo con 
                  quasi tutto il suo equipaggio per l'esplosione del carico della 
                  Florence il cui relitto stavano svuotando, dell'Artiglio II 
                  e delle loro sorelle si sa molto e svariati libri sono stati 
                  scritti sull'argomento quindi riparlarne qui, tutto sommato, 
                  sarebbe un'inutile ripetizione. A chi fosse interessato sarà 
                  facile trovare pagine web e libri dedicati alle loro imprese.
 Si ritiene che in questa sede sia più opportuno trattare 
                  della società armatrice e dei suoi comportamenti ora 
                  definiti pionieristici ed eroici, ora meschini e capitalistici. 
                  Come al solito probabilmente la verità sta nel mezzo.
 Descrivere il comm. Giovanni Quaglia ai giorni nostri non è 
                  facile. Come già detto bisogna calarsi nel contesto di 
                  quegli anni. Di certo si trattava di un personaggio figlio del 
                  suo tempo, uomo d'indubbia intelligenza e lungimiranza era certamente 
                  dotato del senso degli affari e di una forte auto-stima. Scaltro 
                  e spregiudicato nell'agire, savoir-faire e comunicativa di certo 
                  non gli mancavano, caparbio, a volte paterno, a volte "padre-padrone", 
                  capace di compiere bei gesti e meschinerie con la stessa non-chalance. 
                  In grado di muovere le pedine giuste per ottenere facilitazioni 
                  dal Governo italiano o per accordarsi con autorità straniere, 
                  di lui si disse veramente tutto il bene e tutto il male possibile.
 I suoi marittimi ebbero sempre a rinfacciargli 
                  di non aver mantenuto la parola nel corrisponder loro i premi 
                  promessi in caso di importanti recuperi (come l'oro e l'argento 
                  dell'Egypt), e quando provarono ad organizzarsi per protestare 
                  si scontrarono con un muro granitico che non gli concesse nulla 
                  oltre alla paga base, pena: il licenziamento.
 Lo stesso tragico affondamento dell'Artiglio I fu dovuto alla 
                  detonazione improvvisa di una gran quantità di esplosivo 
                  contenuto nell'affondata nave Florence e fu causato dalla distanza 
                  troppo breve tra l'Artiglio e il sottostante relitto. Fatto 
                  da imputarsi all'imprudenza dell'equipaggio che impiegava cariche 
                  di tritolo per smantellare le lamiere di stiva del relitto ritenendo 
                  l'esplosivo ormai deteriorato dall'acqua, e quindi inerte. Ciò 
                  in parte corrispondeva al vero ma è altrettanto vero 
                  che il cavo impiegato per collegare la dinamo di bordo ai detonatori 
                  delle cariche si faceva, a causa degli scoppi, via via sempre 
                  più corto. Malgrado le ripetute richieste d'acquisto, 
                  una nuova bobina di cavo non giunse mai a bordo costringendo 
                  la nave ad avvicinarsi sempre più al relitto sottostante 
                  con i derivanti rischi e l'infausto risultato che ne seguì.
 La stessa parsimonia nell'acquistare forniture di bordo spesso 
                  si riscontrò nelle cambuse e, in più di un'occasione, 
                  costrinse gli equipaggi a vitto scadente e insufficiente.
 Insomma, lavorare per il Quaglia non dovette essere una faccenda 
                  facile e priva di problemi. D'altronde è pur vero che 
                  nei lunghi periodi privi di ricavi derivanti dai recuperi e 
                  dovuti sia alle intemperie meteo-marine che alla mancanza d'incarichi, 
                  So.Ri.Ma doveva comunque far fronte a tutte le spese di armamento 
                  delle sue navi compresi gli stipendi di tutti i marittimi e 
                  del personale di terra. Non da poco erano anche le spese per 
                  la riparazione delle attrezzature danneggiate dal mare o durante 
                  i lavori, così come la costruzione di nuove benne e attrezzature 
                  sempre più perfezionate per i recuperi (torrette butoscopiche 
                  e scafandri). Inoltre gli utili non erano assolutamente certi 
                  così come incerti erano i ritrovamenti di relitti produttivi. 
                  Insomma, tenere in piedi la baracca non doveva esser facile.
 Certamente quando gli utili arrivarono e in gran quantità, 
                  come nel caso dei lingotti d'oro e d'argento dell'Egypt e del 
                  gran quantitativo di monete d'oro in essa contenute, i premi 
                  non arrivarono né per i valorosi e indispensabili palombari 
                  né per i comuni marittimi. Né fu pensabile per 
                  il Quaglia che l'equipaggio si fosse auto-premiato prelevando 
                  preziosi souvenirs: l'onestà degli equipaggi era incontestabile 
                  e mai vi fu un rilievo in tal senso.
 Insomma, il comm. Quaglia fu un personaggio controverso. Un 
                  po' avventuriero romantico, un po' faccendiere, un po' Arpagone 
                  e un po' Re Mida, un po' Capitano coraggioso e un po' Uncle 
                  Scrooge.
 Ebbe ragguardevoli riconoscimenti ufficiali da parte della Corona 
                  Inglese e dal Governo Francese. Il Re d'Italia gli conferì 
                  alti titoli civili come: Cavaliere di Gran Croce della Corona 
                  D'Italia e il Titolo Sabaudo di Comm. dei Santi Maurizio e Lazzaro. 
                  Elargì donazioni al suo Comune natale per la fondazione 
                  di un ospedale-casa di riposo tuttora esistente e per altre 
                  opere.
 Difficile quindi darne una definizione univoca. Delle mirabili 
                  conquiste sottomarine della So.Ri.Ma si parla ancor oggi, sulle 
                  venali rivendicazioni, sulle liti e le ripicche, sulle delusioni 
                  e il sangue amaro inghiottito dai palombari e dai marittimi 
                  è calato il polveroso velo del tempo
 Giovanni 
                  Quaglia morì settantaquattrenne a Genova il 7 dicembre 
                  del 1955 (a esattamente 25 anni dal disastro dell'Artiglio) 
                  e in breve tempo finì anche la storia della So.Ri.Ma 
                  ormai priva del suo nocchiero e superata dai tempi, dalle nuove 
                  tecniche e da nuovi uomini. La vedova del Quaglia, signora Tina, 
                  sia per onorare la memoria del marito che, forse, per addolcirne 
                  il ricordo nell'immaginario collettivo, elargì importanti 
                  somme ad enti pubblici e donò costose attrezzature al 
                  Pronto Soccorso dell'Ospedale San Martino di Genova su una parete 
                  del quale esiste ancor'oggi un bassorilievo di marmo che ricorda 
                  il Quaglia e le imprese della So.Ri.Ma. 
                                                      
                                                       GLI 
                      EQUIPAGGI  
                   
                    | COGNOME | NOME | RUOLO | LUOGO 
                        E DATA DI NASCITA
 | MORTO 
                        IL  | NAVE | NOTE |   
                    | ALBAVERA | Cesare | Capo 
                      Macchinista | Ovada 
                      (AL) |  |  | ARTIGLIO 
                        2  |  |   
                    | AMORETTI | Maurizio | Cuoco | Imperia |  | 07.12.1930 | ARTIGLIO 
                        1  | Disperso 
                      - Artiglio 1 |   
                    | ARCURI | Antonio | Radiotelegrafista | Genova |  |  | ARTIGLIO 
                        1  |  |   
                    | ARMATI | Achille | Operaio 
                      Meccanico | Diano 
                      Marina |  |  | ROSTRO | 1933 |   
                    | BARGELLINI | Alberto | Palombaro | Viareggio |  | 07.12.1930 | ARTIGLIO 
                        1 | Disperso 
                      - Artiglio 1 |   
                    | BARGELLINII | Salvatore | 2° 
                      Carpentiere | Viareggio |  |  | ARTIGLIO 
                        2  |  |   
                    | BARSELLA | Fausto | Marinaio | Viareggio |  |  | ARTIGLIO 
                        2  |  |   
                    | BERTOLOTTO | Giacomo | Comandante | Camogli |  | 07.12.1930 | ARTIGLIO 
                        1 | dopo 
                      Tomei Disperso Artiglio 1 |   
                    | BOERO | Luigi | Radiotelegrafista | Genova |  |  | ARTIGLIO 
                        2 |  |   
                    | BONUCCELLI | Catone | Palombaro |  |  |  | ARTIGLIO 
                        2 |  |   
                    | BRESCIANI | Felice | Fuochista | Civitavecchia |  | 07.12.1930 | ARTIGLIO 
                        1 | Disperso 
                      - Artiglio 1 |   
                    | BRIASCO | Iride | 1° 
                      Fuochista | Diano 
                      Marina |  |  | ARTIGLIO 
                        2 |  |   
                    | CARLI | Giovanni 
                      B. | Comandante | Imperia |  |  | ARTIGLIO 
                        2ROSTRO
 |  |   
                    | CORRADI | Angelo | 1° 
                      Uff.le Coperta | Porto 
                      Maurizio IM |  |  |  | Arpione |   
                    | CORTOPASSI | Romualdo | Marinaio | Peri 
                      - Brasile |  | 07.12.1930 | ARTIGLIO 
                        1  | Vittima 
                      Artiglio 1 |   
                    | CORTOPASSI | Vailante | Marinaio | Peri 
                      - Brasile |  |  | ARTIGLIO 
                        1  | Ferito 
                      Artiglio 1 |   
                    | CULPISTI | Nazareno | Nostromo |  |  |  | ARTIGLIO 
                        1  |  |   
                    | DEL 
                      PINO | Walter | Giovanotto |  |  |  | ARTIGLIO 
                        2 |  |   
                    | DE 
                      JANA | Antonio | 1° 
                      Fuochista - Ingr. | Sardegna |  | 07.12.1930 | ARTIGLIO 
                        1  | Disperso 
                      - Artiglio 1 |   
                    | DE 
                      MELGAZZI | Luigi | Radiotelegrafista | Motta 
                      Visconti (MI) | 1899 | 07.12.1930 | ARTIGLIO 
                        1  | dopo 
                      Arcuri Disperso Artiglio 1 |   
                    | DE 
                      NARDI | Tiziano | Capo 
                      Macchinista | Camogli |  |  | ARTIGLIO 
                        1  | detto 
                      " il Capo " |   
                    | DEL 
                      DOTTO | Duilio | Marinaio | Viareggio |  |  | ARTIGLIO 
                        2 |  |   
                    | DEL 
                      PISTOIA | Emilio | Marinaio 
                      -Pennese | Viareggio |  |  | ARTIGLIO 
                        2 |  |   
                    | DEVOTO | Giuseppe | Radiotelegrafista | Chiavari |  |  | ROSTRO | 1933 |   
                    | DI 
                      GENNARO | ? | 2° 
                      Fuochista |  |  |  | ARTIGLIO 
                        2 |  |   
                    | DOMENICI | Carlo 
                      Quarto | Palombaro |  |  |  | ARTIGLIO 
                        1 | Nipote 
                      di Gianni |   
                    | FERRARI | Giglio | Cuoco | Ameglia 
                      (SP) |  |  | ARTIGLIO 
                        2 |  |   
                    | FILIPPINI | Giorgio | Cameriere |  |  |  | ARTIGLIO 
                        1 |  |   
                    | FORESI | Augusto | Cameriere | Imperia |  |  | ARTIGLIO 
                        2  |  |   
                    | FRANCESCHI | Aristide | Secondo 
                      palombaro |  |  | 07.12.1930 | ARTIGLIO 
                        1 | Vittima 
                      Artiglio 1 |   
                    | CASTALDI | Nicolò | Carpentiere | Diano 
                      Castello |  |  | ARTIGLIO 
                        2 |  |   
                    | GHIGLIONE | Emanuele | Fuochista | Andora |  |  | ARTIGLIO 
                        2 |  |   
                    | GIANNI | Alberto | Capo 
                      Palombaro | Vuareggio | 1891 | 07.12.1930 | ARTIGLIO 
                        1 | Vittima 
                      Artiglio 1 |   
                    | GOVINO | ? | Caporale | Viareggio | 05.6.1902 | 1972 | ARTIGLIO 
                        2 |  |   
                    | LATARULLI | Marino | Comandante | Mola 
                      di Bari |  |  | ROSTRO | 1933 |   
                    | LENCI | Giovanni | Palombaro | Viareggio |  | 10.01.1944 | ARTIGLIO 
                        2 | Vittima 
                      bombardamento |   
                    | MALFATTI | Adalgiso | Marinaio | Viareggio |  |  | ARTIGLIO 
                        2 |  |   
                    | MANCINI | Raffaello | Palombaro | Viareggio |  |  | ARTIGLIO 
                        2ROSTRO
 |  |   
                    | MARTINELLI | Guido | Palombaro |  |  |  | ARTIGLIO 
                        1 |  |   
                    | MORASCHI |  | Comandante |  |  |  | ARTIGLIO 
                      2 |  |   
                    | RAFFAELLI | Amedeo | Nostromo | Viareggio |  |  | ARTIGLIO 
                        1-2 | Ferito 
                      Artiglio 1 |   
                    | RAFFAELLI | Mario | 3° 
                      Palombaro |  |  |  | ARTIGLIO 
                        1-2ROSTRO
 | poi 
                      Capo - Cugino di Amedeo |   
                    | RAMELLI | Amerigo | Aiuto 
                      cuoco | Viareggio |  | 15 
                        anni  | ARTIGLIO 
                        1 | Disperso 
                      - Artiglio 1 |   
                    | SARTINI | Angelo | Cuoco | Viareggio |  |  |  | detto 
                      " zio Angiò " Padre di Giulio |   
                    | SARTINI | Giulio | Marinaio | Viareggio |  |  | ARTIGLIO 
                        1-2 | Ferito 
                      Artiglio 1 |   
                    | SERRA | Gavino | Caporale | Tempio 
                      Pausania |  |  | ARTIGLIO 
                        2 |  |   
                    | SODINI | Donato | Palombaro | Viareggio |  |  |  |  |   
                    | SODINI | Fortunato | Palombaro | Viareggio |  |  | ARTIGLIO 
                        2 |  |   
                    | STRETTI | Inno | Garzone 
                      di cucina | Ameglia 
                      (SP) |  |  | ARTIGLIO 
                        2 |  |   
                    | TEDOLDI | Enrico | Fuochista | Pegazzano 
                      (SP) |  |  | ARTIGLIO 
                        1 | Disperso 
                      - Artiglio 1 |   
                    | TOMEI | Mario | Comandante |  |  |  | ARTIGLIO 
                        1 |  |   
                    | TORRENTE | Gennaro | Carbonaio | Palermo |  |  | ARTIGLIO 
                        2 |  |   
                    | ULIVIERI | Costante | Marinaio | Cavo 
                      nell'Elba |  |  | ARTIGLIO 
                        1 | Disperso 
                      - Artiglio 1 -- ? -- |   
                    | ULIVIERI | Lorenzo | Marinaio | Cavo 
                      nell'Elba |  |  |  |  |   
                    | VASCO | Luigi |  | Viareggio |  |  |  | Arpione |   
                    | VERDA | Paolo | Ingrassatore 
                      - Fuoch. | Diano 
                      Marina |  |  | ARTIGLIO 
                        2 |  |   
                    | VIVALDI | Arturo | Caporale 
                      Macchina | Riomaggiore |  |  | ARTIGLIO 
                        1 |  |   
                    | X | Fausto |  |  |  |  |  |  |   
                    | X | Mario 
                      - ? - |  |  |  |  |  | Ferito 
                      Artiglio 1 |   
                    | X | Nicola | 1° 
                      Carpentiere |  |  |  | ARTIGLIO 
                        2 | Era 
                      detto "il maestro" |   
                    | X | Vincenzo | 2° 
                      Fuochista | Sardegna |  |  |  |  |    David 
                  Scott - Con i palombari dell'Artiglio - Treves -Garzanti 
                  1931 -Monografia 
                  So.Ri.Ma Swan Press Chelsea 1932 -ristampa anastatica a cura della 
                  Fondazione Artiglio Europa- www.premioartiglio.it
 "La 
                  nave mercantile e il suo mondo" Ing. P. Contaldi e Com. E. Porcari
 Ediz.    "La Critica", Roma 1930
 Si 
                ringraziano"L'Artiglio ha parlato"
 Silvio Micheli
 rist. Mauro Baroni Editore , Lucca 2001
 Siti e AA.VV.
 
 il presidente della Fondazione Artiglio Europa dott. Francesco 
                Sodini (figlio del noto palombaro dell'Artiglio, Fortunato Sodini) 
                e il dott. Boris Giannaccini (Storico della Fondazione Artiglio) 
                per la loro cortesia e per la disponibilità.
 ( Ved. www.premioartiglio.it )
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